Google è il colosso più importante del web, forse a pari merito con Facebook. I due hanno molte cose in comune e tra queste spiccano le origini. In un certo senso, sono nati allo stesso modo: partoriti da una intuizione geniale di uno o più studenti americani, hanno attraversato molte difficoltà prima di imporsi nella scena internazionale.
La storia di Google, in particolare, è arricchita dal “mito del garage“, che rileva una povertà di mezzi iniziale, tale da costringere i fondatori a trasformare un garage o un luogo di fortuna nella prima sede della loro (ancora non molto fortunata) azienda. E proprio un garage è stata la “casa di Google” per molto tempo, ossia per due anni buoni, fino a quando il network non ha avuto successo e ha attirato – più o meno all’improvviso – un’orda di finanziatori.
Ma questo non è l’unico aneddoto che riguarda la storia di Google. A rendere più interessanti le origini del motore di ricerca più importante del mondo, è la questione etimologica. Google è oggi sinonimo di internet, ma un tempo non lo era affatto. Era, piuttosto, un’iperbole che l’allora studente Larry Page partorì dopo qualche mese di riflessione. L’idea c’era, era chiara la strategia per svilupparla, ma mancava il nome. Succede spesso, quando devi creare qualcosa di mai visto fino a quel momento. Il fondatore cercava un’espressione in grado di simboleggiare, a mo’ di metafora, la vastità del web e – allo stesso tempo – le infinite potenziale che, già allora, in pieno 1996, la rete covava dentro di sè.
Scelse un termine inventato qualche decennio prima da un matematico statunitense, un tale Edward Kasner. Questi coniò il neologico “Googol” per indicare un numero composto da “uno” e “cento zeri”. La metafora perfetta del web. Oggi alcuni vedono nel termine “Google” come una fusione del nome inventato dal matematico e il verbo “to google”, che vuol dire “strabuzzare gli occhi”, che è poi la reazione dei profani di fronte all’infinitezza della rete. La crasi in realtà non c’è mai stata, è solo una voce messa in giro qualche tempo dopo per nascondere il più classico degli errori umani.
Quando Larry Page andò a registrare il marchio, si accorse di non sapere come si scrivesse “googol”, dunque azzardò una sua ipotesi e, clamorosamente, sbagliò. Appena uscito dall’ufficio, chiese a una sua amica matematica delucidazioni in merito, e solo allora si rese conto dell’errore. A quel punto i gioco sono stati fatti e il motore di ricerca conservò il nome con il quale è conosciuto ancora oggi.